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Volano stracci a Palazzo Chigi

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La guerra fredda tra i piani alti di Palazzo Chigi e Piazza Dante. Una mappa per orientarsi dopo lo scoop di Domani

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Fabrizio Colarieti
gen 28, 2025
∙ A pagamento
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Volano stracci a Palazzo Chigi
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Da oggi questa newsletter comincerà ad ospitare contributi di altri autori. Cominciamo con Fabrizio Colarieti, al quale dò il benevenuto.

C’è un solco ancora più profondo nello scivoloso rapporto tra esecutivo e apparati di intelligence.

Un tema, a giudicare da chi è rimasto sul campo in questi ultimi mesi, tutt’altro che secondario. Un rapporto che storicamente non è stato mai idilliaco, nonostante a scegliere chi fa che cosa nei palazzi di Aisi e Aise, e soprattutto del Dipartimento di Palazzo Chigi che sovrintende al loro funzionamento, il Dis, sia lo stesso Governo, piazzando, confermando o rimuovendo i loro vertici.

Prima il caso delle dimissioni anticipate, proprio del vertice del Dis, l’ambasciatrice Elisabetta Belloni, per problemi nei rapporti con il sottosegretario Alfredo Mantovano, che dei Servizi è il referente politico (in quanto Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica).

Poi la recentissima faccenda del dossieraggio di Stato compiuto ai danni del capo di Gabinetto del premier Giorgia Meloni, Gaetano Caputi, non proprio una figura secondaria. Il perimetro dei mal di pancia si potrebbe relegare tutto all’interno dei Servizi; dunque una guerra tra barbe finte, per questioni di incarichi e regolamenti di conti interni dopo una lunga fase di rimescolamenti - più che altro tra le seconde file - legata al cambio di governo.
In mezzo al fuoco incrociato potrebbe esserci finito proprio Caputi, che non riscuote grandi simpatie nei dintorni di di Piazza Zama (dove l’Aisi ha la sua sede operativa). Ma anche l’ipotesi del fuoco amico, tutto interno a Palazzo Chigi, non è da escludere. Anzi più di una fonte interpellata alimenta questo tipo di sospetto.

Alla fine, dalle carte svelate dal quotidiano Domani, si è appreso che il capo di gabinetto della Meloni sarebbe stato dossierato per un anno - e non si sa bene fino a che punto - con metodi che ricordano quelli dell’Ufficio affari riservati del Viminale, al cui vertice c’era tale Federico Umberto d'Amato, il J. Edgar Hoover italiano, per citare un altro personaggio emblematico, già direttore dell’Fbi, che in quanto a dossier su commissione o a danno della politica non andava per il sottile.

Ci sono due frasi - da «indiscrezioni apprese» e «verificare un rumor» - che spiccano più di altre nel carteggio tra Procura di Roma, Dis e Aisi, che illuminano, seppur tra vari omissis, la zona grigia dell’affaire Caputi.
Frasi che ricordano un antico modus operandi, per dirla con un termine da mattinale questurino, che risale ai bei tempi nei quali agli 007 nostrani bastava una chiacchiera da bar per aprire un fascicolo - ne esistevano migliaia “galleggianti”, cioè che ci sono ma non ci sono - e avviare accertamenti sterminati che comprendevano anche pedinamenti e intercettazioni, il tutto all’oscuro dell’Autorità giudiziaria nel sacro nome della sicurezza nazionale. E là dentro ci finivano vizi e virtù del “bersaglio”, informazioni solitamente molto utili alla politica. Insomma, quelle da tenere nel cassetto.

Nulla di nuovo, dunque. Se non fosse che dalla riforma dell’intelligence del 2007, che sulla carta doveva mandare in soffitta metodi e vizietti dei vecchi Sisde, Sismi e Cesis, ma che in realtà - se questo è l’andazzo - li ha resi ancora di più asserviti, vivaddio alla tutela della Repubblica, ma anche ai desiderata di questo o quel politico.

Se all’Aise - il controspionaggio militare - sembra tutto rigare dritto, con al vertice da cinque anni il generale Giovanni Caravelli, l’uomo che per citare un caso recente ha fatto sì che Cecilia Sala fosse liberata rapidamente dalle autorità iraniane, all’Aisi le cose vanno così così.

Non è detto che le turbolenze interne interne al Servizio segreto civile, guidato per otto anni dal Generale dei Carabinieri Mario Parente, non siano da condividere con l’odierno responsabile, Bruno Valensise che nella sua lunga carriera nell’intelligence italiana ha anche guidato la scuola di formazione di nostri agenti segreti.

Le frizioni, eterne, tra corpi di Polizia e Forze armate, enti di provenienza di gran parte del personale, non si sono mai sopite.

Ma forse oggi qualche equilibrio, si vocifera tra chi conosce bene la materia - anche alla luce del caso Caputi - deve essersi incrinato.
Da tenere d’occhio le figure chiave e i loro movimenti.

Uno su tutti Giuseppe Del Deo (Esercito), in uscita verso il Dis.

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Fabrizio Colarieti
Cronista, da tempo. Fumo il Toscano e ascolto le onde corte.
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